Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: la procedura di allerta – gli obblighi di segnalazione

Siamo al nostro quarto appuntamento ed è il momento di uscire allo scoperto:

  1. quanto detto nei precedenti interventi serve alla piccola e media impresa: sono proprio le PMI i destinatari elettivi della normativa del nuovo Codice della crisi di impresa, dal momento che sono escluse dal relativo ambito di applicazione le grandi imprese e le quotate;
  2. questi scritti non sono poi volti a criticare questo o quello aspetto della nuova normativa, come si sta facendo a gara in questo periodo tra gli operatori del settore;
  3. il tentativo è, più semplicemente, quello di verificare se si possa considerare la stessa normativa, e in quale modo, come un trampolino di lancio per un nuovo modo di fare impresa.

In questa prospettiva, il mantra che ci deve assillare è vedere la normativa del nuovo codice della crisi come una opportunità per la piccola e media impresa e non solo come un insieme di obblighi e di prescrizioni; l’ambizione è quella di dare qualche spunto di riflessione per andare verso un cambiamento, un cambio di passo, nel modo di fare impresa da parte delle PMI; cambiamento e cambio di passo che forse non si possono più rinviare, se gli imprenditori sono stanchi di essere additati come una categoria di improvvisatori e, quindi, di lavoratori poco professionalizzati.

Come ho detto nei miei precedenti interventi, l’imprenditore, anche piccolo e, in questo caso, seppur in maniera embrionale, deve d’ora in poi necessariamente organizzarsi nella sua attività di impresa dotandosi di una struttura adeguata alla natura e alle dimensioni della stessa impresa.  All’interno di tale struttura, in particolare, le varie funzioni aziendali devono comunicare efficacemente tra loro, essere interconnesse e consentire all’imprenditore o alla governance di valutare tempestivamente la crisi – se e quando questa si verifica -, così da affrontarla adeguatamente e recuperare quella continuità aziendale che abbiamo definito in soldoni come la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa positivi. È appena il caso di aggiungere che in alternativa al recupero della continuità aziendale si pone la messa in liquidazione dell’attività d’impresa nel caso in cui questa si prospetti essere non più profittevole e quindi, detto banalmente, quando il valore di funzionamento dell’impresa non è superiore alla liquidazione delle sue attività. E questo lo sottolineo con forza perchè il primo cambio culturale che deve fare l’imprenditore sta proprio nel comprendere che non bisogna continuare per forza la propria attività quando questa non ha alcuna possibilità di riprendersi.

Siamo arrivati ora al tema degli strumenti di allerta che, in estrema sintesi, vengono definiti all’articolo 12 del Codice della crisi come quegli “obblighi di segnalazione posti a carico (di determinati) soggetti (e funzionali) … alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa“. Questi soggetti che devono segnalare sono, da un parte, gli organi di controllo societari, vale a dire i sindaci, il revisore contabile e la società di revisione – ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni – e, dall’altra parte, i c.d. creditori pubblici qualificati quali l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e l’Agente della Riscossione: si parla, rispettivamente, di allerta interna ed esterna. In particolare, gli obblighi di segnalazione posti in capo agli organi di controllo societari viaggiano in parallelo agli obblighi di organizzazione posti in capo all’imprenditore (e di cui abbiamo già parlato nei nostri precedenti appuntamenti) e sono finalizzati, prescrive espressamente la legge, alla sollecita adozione delle misure più idonee affinchè l’impresa componga la crisi.

Ma cosa segnalano gli organi di controllo societari e i creditori pubblici qualificati di cui abbiamo detto? E a chi segnalano? Gli organi di controllo societari (che, peraltro, le imprese sono obbligati a nominare al superamento di determinate soglie collegate all’attivo dello stato patrimoniale e ai ricavi, oltre che al numero di dipendenti -, soglie che sono state arretrate rispetto al passato e sulle quali proprio in questi giorni si sta discutendo in sede parlamentare in funzione di possibili emendamenti alla normativa), gli organi di controllo societari, quindi, devono avvisare formalmente, con pec o raccomandata, l’imprenditore o l’organo amministrativo dell’impresa dell’esistenza di fondati indizi di crisi (e per gli stessi organi di controllo societari questo obbligo di segnalazione dei fondati indizi di crisi fa il paio con l’obbligo di verificare costantemente che l’impresa sia ben organizzata nella sua attività quotidiana e che si trovi in equilibrio economico e finanziario). Mentre i creditori pubblici qualificati, di cui pure ho detto, devono segnalare che l’esposizione debitoria delle imprese nei loro confronti ha superato determinate soglie previste pure dalla legge. Queste segnalalazioni dovrebbero essere funzionali a mettere in pista, come vedremo nei prossimi appuntamenti, una serie di misure e azioni per comporre la crisi.

Ma se sulle soglie che fanno scattare l’obbligo di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati si può discutere circa l’opportunità e l’efficacia di un simile meccanismo, sull’esistenza dei fondati indizi della crisi ci sarà molto da dire. Ma non tanto per criticare ciò che ha detto o non ha detto il legislatore, quanto per verificare se dietro questa prescrizione si possa intravedere una qualche opportunità per migliorare il modo di fare impresa da parte delle PMI.

Alessandro Palma