Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: gli assetti adeguati (parte speciale)

Dato per assodato che il legislatore, con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ha metabolizzato la crisi come un connotato intrinseco dell’economia capitalistica (da considerarsi come un momento naturale della vita non solo dell’imprenditore, ma anche di ogni soggetto economico compreso il consumatore), si tratta ora di capire, anzitutto, come fare per individuare tempestivamente tale crisi, così da poterla affrontare in modo adeguato.

La prima domanda da porsi è la seguente: come individuare tempestivamente la crisi d’impresa, per poi affrontarla adeguatamente? Questa è la risposta che dà il legislatore: occorrerà realizzare, implementare in azienda un assetto idoneo a gestire l’attività di impresa che è, alla fine della fiera, attività di gestione del rischio di impresa; rischio costituito dal fatto che l’attività messa su dall’imprenditore possa non essere sin dall’inizio profittevole o diventare successivamente non profittevole, con dispersione di valore per l’impresa e per tutti.

L’ulteriore domanda da farsi è: cosa significa realizzare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile, così come prescrive il nuovo articolo 2086 del Codice civile? Significa organizzare, mettere ordine, coordinare le varie funzioni aziendali con cui si producono beni e servizi, in una prospettiva volta a utilizzare al meglio le risorse a disposizione.

E ancora bisogna chiedersi: quando questo assetto è adeguato? Per sapere quando l’assetto è adeguato bisognerà d’ora in poi approvvigionarsi alla scienza aziendalistica; esistono, infatti, diversi modelli di assetti organizzativi adeguati tra cui scegliere, tenendo presente anzitutto i parametri indicati dal legislatore, che sono la natura e le dimensioni dell’impresa, nonché altri criteri che si riterrà di applicare per giustificare la scelta (scelta sull’assetto adottato che andrà quindi motivata, costituendo la motivazione forse la parte più importante dell’assetto stesso). Una cosa è sicura: la figura dell’imprenditore italico tutto genio e sregolatezza è destinata a tramontare!

In questa rinnovata prospettiva, essendo oramai chiara la sfiducia del legislatore verso l’autoregolazione dell’imprenditore, un primo passo operativo dovrà consistere nella individuazione delle funzioni interne necessarie a rendere la struttura aziendale efficiente e idonea a produrre un adeguato flusso di informazioni tra le varie aree, e ciò anche ai fini di un continuo controllo e monitoraggio. L’assetto organizzativo dovrà, poi, essere supportato anche da un assetto contabile e amministrativo capace di fare controlli sulla gestione mediante una corretta pianificazione aziendale e una costante analisi degli scostamenti, il tutto per consentire una reattività immediata in caso di tensione finanziaria.

In sintesi, si tratterà di “procedimentalizzare” l’organizzazione e l’attività d’impresa, stabilendo “chi fa cosa”, “come e quando questo qualcosa deve essere fatto”, “chi controlla/vigila su chi quel qualcosa fa”.

Dalla “procedimentalizzazione” dell’attività d’impresa dovrebbe tendenzialmente restare fuori solo l’imprevedibile, dal momento che le procedure adottate – insieme agli organigrammi, ai funzionigrammi e al sistema dei controlli interni – dovrebbero consentire di “mappare” i rischi e, quindi, di gestirli.

Beninteso: in primo luogo, “procedimentalizzare” non vuol dire imbrigliare, ingabbiare, ma creare flussi informativi, ripetizione di comportamenti virtuosi, funzionali a gestire al meglio la complessità del vorticoso ciclo della vita dell’impresa. In secondo luogo, ad essere “procedimentalizzato” non sarà il merito delle scelte di gestione o di indirizzo strategico che competono sempre agli organi di governance, ma l’attuazione, lo svolgimento e i processi decisionali in cui si articolano queste scelte; e tutto questo al preciso scopo di permettere all’amministratore/imprenditore di correggere per tempo la rotta quando questa si rivela sbagliata.

Per stare alla metafora del capitano di vascello, dobbiamo immaginare un amministratore/imprenditore costantemente al timone della sua imbarcazione, supportato da membri dell’equipaggio che si scambiano continuamente informazioni tra loro e con lo stesso amministratore/imprenditore, il quale è così messo in condizione di cogliere i primi segnali di tempesta e in grado di decidere tempestivamente i cambi di rotta per condurre la nave in porto.

In conclusione, si capisce perché le norme che impongono l’istituzione di assetti adeguati siano entrate già in vigore: le stesse mirano a far sì che gli amministratori – e gli imprenditori in generale – si dotino per tempo di adeguati sistemi di rilevazione della crisi al fine di correggere la rotta, anche perché dopo il ferragosto del 2020 inizieranno per dovere di legge le segnalazioni collegate agli strumenti di allerta.

Alessandro Palma