Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: gli assetti adeguati (parte generale)

Con il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza il legislatore ha introdotto il concetto di crisi, prima ancora e a fianco al concetto di insolvenza, perché vuole che l’imprenditore si accorga tempestivamente d’essere in difficoltà e, attraverso le procedure di allerta, affronti la crisi, al fine di superarla e di recuperare la continuità aziendale; continuità aziendale che, in sintesi e alla fine della fiera, altro non è che la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa positivi (c’è continuità se l’impresa incassa e paga i debiti).

La gran parte delle novità previste dal Codice entrerà in vigore diciotto mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e, quindi, a metà agosto 2020. Un piccolo pacchetto di articoli, però, tra cui alcune importanti modifiche al Codice civile, è già operativo perché l’entrata in vigore di queste disposizioni è scattata lo scorso 16 marzo 2019.

Tra queste modifiche al Codice civile già in vigore, ce n’è una particolarmente importante per l’imprenditore: è prevista all’articolo 375 del Codice della crisi e introduce all’articolo 2086 del Codice civile – e, quindi, parlando dell’impresa in bonis, in salute – una specifica disposizione che impone all’imprenditore che opera in forma societaria o collettiva di istituire una struttura, un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

Un’avvertenza: è vero che l’articolo 375 del Codice della crisi impone questo dovere di istituire l’assetto adeguato all’imprenditore organizzato in forma collettiva o societaria, ma anche l’imprenditore individuale è coinvolto da queste nuove prescrizioni. E infatti, non con modifiche che impattano sul Codice civile, ma con una precisa prescrizione nella parte dei principi generali del Codice della crisi d’impresa, all’articolo 3, si fa obbligo all’imprenditore individuale di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugi le iniziative necessarie a farvi fronte.

Questo altro non significa che, sia pure in maniera embrionale, anche l’imprenditore individuale deve organizzarsi nella propria attività di impresa per capire quando è in difficoltà e per superare questo momento.

Dirò di più: il Codice della crisi, nella parte in cui si occupa della “Ristrutturazione dei debiti del consumatore” (che, per definizione, imprenditore non è), all’articolo 68 precisamente, fa riferimento alla “diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni” e al “merito creditizio del debitore” come presupposti perché il debitore-consumatore possa accedere alla ristrutturazione dei debiti e, quindi, giungere all’effetto esdebitatorio. Si passa, quindi, dal dovere del debitore di adempiere diligentemente le obbligazioni (introdotto dall’articolo 1176 del Codice civile del 1942) al dovere del debitore anche di assumere diligentemente le obbligazioni (di cui al nuovo Codice della crisi): ciò altro non significa che il profilo organizzativo sarà di interesse da ora in poi non solo dell’imprenditore, individuale o collettivo che sia, ma del debitore in quanto tale, che non potrà contrarre debiti senza pianificare il relativo rientro, pena la impossibilità, un domani e nella sciagurata ipotesi, di avvalersi della esdebitazione collegata alla ristrutturazione dei debiti stessi.

Beninteso, il dovere di organizzarsi in maniera adeguata nell’attività di impresa era già previsto nel Codice civile e, precisamente, al terzo comma dell’articolo 2381, prescrizione introdotta dalla riforma epocale delle società di capitali del 2003 e, per la verità, trascurata dall’applicazione giurisprudenziale. A questo obbligo di istituire assetti adeguati, che era espressamente previsto solo in materia di società per azioni e considerato dai più applicabile anche alle altre società di capitali, non era, però, agganciato il dovere di rilievo tempestivo della crisi e, soprattutto, l’obbligo di istituire assetti adeguati non poteva ritenersi esteso alla platea di tutte le imprese, come invece deve ritenersi oggi. Quindi, la novità sta nel fatto che adesso il legislatore dice ciò che diceva anche prima (l’amministratore e, più in generale, l’imprenditore si devono organizzare in maniera adeguata nell’attività di impresa, devono pianificare l’attività di impresa), ma lo dice – e quindi lo ripete, visto che lo diceva prima -, agganciando questo obbligo allo specifico dovere di rilevare tempestivamente la situazione di crisi ed estendendolo a tutti gli imprenditori, finendo per sancire addirittura l’obbligo del debitore-consumatore di essere diligente e, quindi, di organizzarsi nell’assunzione delle obbligazioni.

Pertanto, se è vero che oramai la crisi è stata metabolizzata dal legislatore come un momento naturale della vita dell’impresa e, più in generale, nella quotidianità della vita del debitore, dovrà diventare altrettanto naturale attrezzarsi adeguatamente per individuarla e affrontarla, questa benedetta crisi.

Alessandro Palma